Quando si sciava ad Etna Sud. Il ricordo di Franz Zipper
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Prima si sciava nel Comprensorio di Etna Sud?
La risposta è certamente affermativa, anche se il versante Sud è stato sempre più penalizzato dall’esposizione al sole, dai venti che nel periodo invernale provengono prevalentemente da Ovest-Nord-Ovest e che tendono a portare via la neve, soprattutto nei tratti esposti e dalla più frequente ricaduta di piroclastiti rispetto al versante Nord. In realtà, lo sci, soprattutto quello alpino sull’Etna, che è un vulcano attivo, ha mantenuto, mantiene, e manterrà sempre un’impronta pionieristica. L’innevamento è sempre più irregolare, e non vi è possibilità di mettere in piedi impianti di innevamento artificiale: non vi sarebbe ritorno economico, e nessuno è disposto ad investire in tal senso, appunto, su un vulcano attivo. Anche se i fatti di questi giorni dimostrano che la voglia di neve, di sciare, è veramente tanta. Il cambiamento climatico è indubbio e la temperatura media appare in rialzo. Si, si sciava ad Etna Sud. Soprattutto dopo le classiche perturbazioni con venti da scirocco-levante, che apportavano quantitativi di neve oggi impensabili (nell’inverno 72-73 la neve raggiunse un’altezza anche di otto metri). E si sciava spesso molto bene, soprattutto a Febbraio-Marzo, quando la neve era divenuta “firn”. Etna Sud era la culla degli sciatori di discesa, mentre Etna Nord, quasi per un tacito accordo, sfornava valenti fondisti.
Etna Sud fu sede di Gare di grande prestigio, dal Trofeo Duca degli Abruzzi al Trofeo dell’Etna, e poi da ultimo la Tre Giorni Internazionale dell’Etna, vanto dell’indimenticato Mimmo Signorelli. Papà mi raccontava che in uno dei Trofei dell’Etna, il mitico Zeno Colò, poi vincitore, salì dal Rifugio Sapienza all’Osservatorio studiando il percorso che poi segnò con bandierine, che seguì in discesa: perché era proprio una discesa “libera”! I miei ricordi, a flash, risalgono alla fine degli anni ’50, quando fu allestita una sciovia che dal piano sopra l’attuale Funivia, conduceva sotto il monumentino Cagni. Era lunga trecento metri circa, ma la discesa, per me che ero bimbetto, sembrava interminabile. A parte che arrivare al termine della sciovia con sci lunghi oltre 2 metri, attacchi Kandahar ed oltre, era un’impresa. Quando non si poteva andare su, ci si fermava a fare campetto a Fossa della Nave, percorrendo discese di 30-50 metri, seguite da faticose risalite. Poi venne il periodo dello skilift del Monumentino, costruito dai Fratelli Conti con annessa Capanna. La lunghezza era leggermente maggiore. La fune era mossa da un motore Diesel, dovuto all’ingegno dei Fratelli. Mettere in funzione il motore, soprattutto dopo nottate freddo, era un’impresa: i congegni ed il gasolio gelavano e bisognava riscaldarli, accendendo un fuoco. Si, un fuoco sotto il motore! Messo in movimento, il motore faceva un rumore assai forte di ferraglia, ed un fumo denso. In testa all’impianto vi era un collaboratore dei Fratelli, tale Saro, il cui compito era di raccogliere i ganci, e, periodicamente, inviarli a valle, gridando di fare attenzione (ganci! ganci!). La fune scarrucolava spesso, ma rimetterla a posto non era un problema.
Se era nevicato di notte, tutti noi, prima di prendere lo skilift, salivamo a scaletta per battere la pista. Pressocchè in contemporanea, operava un gatto delle nevi di proprietà dei compianti Orazio Nicoloso e Mimmo Grimaldi, che faceva viaggi verso l’Osservatorio. Aveva una capienza assai limitata (8 persone max). Prendere la prima corsa implicava una lotta senza esclusione di colpi. Ricordo che in particolare la tenzone vedeva contrapposti da un lato Norberto ed Edy Strickner, mio Padre ed io, dall’altra diversi appassionati, che risiedevano tutti a Barriera del Bosco, e che noi chiamavamo in senso affettuoso-spregiativo “gruppu Barrera”. Un giorno, quelli della Barriera si coalizzarono per non farci passare, perché sapevano che noi salivamo presto per anticiparli. In Piazza S. Maria del Carmelo misero le loro macchine di traverso per ostruire la sede stradale. Mio Padre, uomo compassato e rispettoso, allora mi disse: tieniti forte, e saltò letteralmente sui marciapiedi superando, tra lo stupore del Gruppo Barriera, il posto di blocco. Il gatto delle nevi andava spinto per lunghi tratti soprattutto se vi era neve pesante, ma quando si arrivava all’Osservatorio, la sensazione era indicibile. Padroni del mondo, anche se si scendeva su decine di tipi di neve. Una sola discesa, ovviamente, come capitava anche quando si saliva a piedi. Poi, dopo un lungo periodo di inattività, entrò in funzione anche d’inverno la Funivia dell’Etna, sino al Piccolo Rifugio. La portata oraria era molto limitata, e le code interminabili. Il dispositivo di sicurezza più importante dell’impianto era un enorme corno rosso, appeso ad una travata della Stazione. Tutto in quella Funivia, in realtà, dava un senso di precarietà, ma non è che gli addetti all’impianto fossero incoscienti. Quando entravamo alla partenza, ci accoglievano, si fa per dire, il vecchio Capo Servizio, Tano Mazzaglia, e Don Giovanni Aiello che come prima cosa ci chiedeva “picchì non vi stati e’casi”, augurandosi che la neve terminasse presto, “così finisci stu schifio”. Riempitasi le cabine, gli addetti gridavano al manovratore che si chiamava Recupero “tira Recupero, 14 sulu andata, 2 andata e ritorno”. E traballando, le cabine andavano.
Nel 1968, durante una provvida chiusura scolastica per presunti casi di meningite, andammo a sciare per 5 giorni di seguito, con neve marzolina ottima, ed in quella occasione con Edy stabilimmo il record di discese dal Piccolo Rifugio, usufruendo del vecchio impianto, ben 14. Qualche volta, quando il tempo in quota era inclemente, contattavamo l’autista della SITA, il grande Taccia, dandogli le chiavi delle nostre macchine ed una discreta mancia per venirci a prendere al termine delle discesa che dal Rifugio sapienza andava sin verso il Magazzino delle Arance, a monte Capriolo. Poi venne il tempo delle gare, dei soggiorni al Rifugio Sapienza, al Caminetto. Spesso si rimaneva bloccati. Col nostro grande piacere. E si montavano i pali dietro il Rifugio Sapienza, per passare il tempo. E poi, ancora, tramite la Funivia e lo skilift della Montagnola, vennero i fuoripista comodi, il Canalone degli Svizzeri e la lavagna della Montagnola, la discesa verso la Grotta di S. Barbara. Si, si sciava ad Etna Sud... E ci si conosceva tutti. E ci si accontentava. Il resto è storia recente....
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