In queste settimane sta tornando alla ribalta una proposta di progetto per realizzare il terzo polo sciistico etneo, a quanto pare, avallata dal governatore siciliano Nello Musumeci. In sintesi si vorrebbe riproporre un modello di turismo basato su una cabinovia e impianti a fune sul versante Nord Ovest di Bronte e Maletto, creando una stazione sciistica ex novo all'interno di una zona di riserva integrale del Parco (zona A) e che quindi dovrebbe preventivamente prevedere una variazione legislativa della zonazzione del territorio.
Chi segue le pagine di EtnaSci sa che il nostro portale, circa 20 anni fa, ha sostenuto tenacemente il progetto all'epoca proposto. Ieri il CAI Sicilia ha divulgato un documento in cui mi si chiedeva un parere tecnico, interpellato dall'autorevole Club Alpino, nella qualità di maestro di sci e di Presidente di FederEscursionismo, quindi anche come guida naturalistica. Come si legge, la mia posizione oggi non è favorevole allo sviluppo di questo progetto e in queste righe desidero estendere le motivazioni, che nell'articolo del CAI, sono riportate in estrema sintesi. Prego tutti gli sciatori, favorevoli al progetto, di leggere con attenzione questa analisi, senza preconcetti, fatta da un accanitissimo appassionato di sport invernali, ma anche discreto conoscitore della materia e del territorio in questione dopo 25 anni di attività, prima da sportivo, poi da professionista che sul vulcano ci vive e ci lavora 300 giorni l'anno. E lo ama, immensamente.
Preciso anche che non rinnego la posizione favorevole del 2002. Il contesto e la situazione di quel periodo erano diverse in quanto le due stazioni sciistiche etnee erano state distrutte integralmente o quasi. Quindi i luoghi turistici erano tornati parzialmente a una situazione di naturalità. La possibilità quindi di ricreare sciovie e piste sul versante Ovest, normalmemente dove la neve permane di più, con un progetto quanto più ambientalmente sostenibile, mi appariva plausibile, anzi quasi logico. Oggi le condizioni sono nettamente cambiate, per queste ragioni non sono più favorevole a intaccare l'ultimo versante ancora naturalmente intatto.
1) Analisi del contesto attuale sulle stazioni sciistiche esistenti. Oggi sul vulcano esistono 9 impianti di risalita. 1 funivia, 1 Seggiovia, 3skilift a Nicolosi. 1 seggiovia e 3 skilift a Linguaglossa. Queste sciovie furono ricostruite dopo l'eruzione del 2001/2 con investimenti di diversi milioni di €. A Nicolosi non si scia da parecchi anni, sia per mancanza di neve, ma soprattutto perchè 3 sciovie di proprietà comunale, per motivi burocratici e diatribe con il gestore privato, sono ormai in disuso e con danni rilevanti. La funivia e il suo utilizzo turistico estivo sono il vero motore della località con centinaia di migliaia di presenze turistiche stagionali (in tempi di normalità...). A Linguaglossa la stazione, che dovrebbe essere quella realmente vocata allo sci, quando arriva la neve, apre solo grazie all'operosità del gestore privato STAR/Funivia dell'Etna. Tuttavia a causa di errori tecnici nella ricostruzione post 2002, dei tecnici pubblici dell'epoca, sono molte le difficoltà. Come l'attuale risalità dello skilift Monte Conca, che doveva essere una seggiovia, e per la quale furono spediti indietro 1,8 milioni di € alla CE. Oppure la realizzazione dei parcheggi sotto esposti che si riempono di neve già con modeste bufere o ancora l'assenza di spazi ove poter spalare la neve in eccesso (ciò anche al Rif. Sapienza) costringendo gli operatori degli spazzaneve a togliere posti auto utili. Inoltre va segnalato che da più di 2 anni non si svolgono più escursioni in quota dalla strada carrabile, per diatribe amministrative tra i 2 comuni di Castiglione e Linguaglossa. La località nel periodo estivo così conta pochissime presenze di visitatori, anche a causa di una manifesta incapacità di sfruttare altre risorse e valorizzare le tante bellezze ambientali del posto. Inoltre non è mai stata avallata l'installazione di cannoni sparaneve, non solo per ragioni tecniche, ma a quanto pare per impedimenti da parte dell'Ente Parco, a ragione o torto non saprei, ma di fatto in una stagione povera di neve su tutto il vulcano come quest'anno non si sarebbe sciato comunque. Ciliegina sulla torta: non sono state ricostruite le strutture ricettive. Oggi vi sono 5/6 posti letto in una baita grazie a un eroico investimento di una coppia di imprenditori. Nel rendiconto delle location sciistiche siciliane non possiamo poi dimenticare la situazione di Piano Battaglia sulle Madonie. Project financing pubblico di circa 2,8 milioni di € circa per ripristinare le piste e una seggiovia. Dopo la prima stagione partita discretamente, da 2 anni contenziosi sulla manutenzione e messa in sicurezza della pista hanno impedito l'apertura delle piste (Tolto comunque il covid). Il quadro insomma non è positivo. Alla luce di ciò, prima di andare a realizzare una stazione ex novo, la politica dovrebbe interrogarsi come funzionano quelle esistenti, investire se necessario - e lo sarebb - per rendere funzionante ed efficiente i precedenti investimenti e poi pensare alla fattibilità e ritorno economico di progetti ex novo. Ma evidentemente non è così. Quindi pensare che una nuova località possa essere realizzata in maniera impeccabile, nel rispetto dei luoghi e gestita poi in modo efficiente ed economicamente redditizio, qui in Sicilia, è una vera utopia. Non si offendano i miei conterranei, i dati sopra confermano oggettivamente quanto affermo. Inoltre non va sottovalutato il fatto che le presenze turistiche legate allo sci negli ultimi anni sono diminuite molto rispetto al passato e qualsiasi businnes plan non può non tenere conto del fatto della sostenibilità economica dell'opera. Si consideri che le stazioni del nord, anche blasonate, e con decine di migliaia di sciatori settimanali, sono quasi tutte in deficit in relazione alla sola vendita degli skipass (che per il terzo polo sarebbe proprio il principale introito) se non fosse poi l'indotto nel suo insieme a garantire gli utili finanziari: alberghi, rifugi, ristoranti, noleggi, negozi etc etc. In sostanza ritengo che un investimento di qualche decina di milioni di € non verrebbe ammortizzato mai con qualche decina di migliaia di € stagionale per la vendita degli skipass.
2) Impatto ambientale. Questo aspetto è molto rilevante, come lo era già nel 2002 e non va sottovalutato. Con delle differenze non da poco. Come detto sopra in quegli anni le due location storiche esistenti erano state distrutte, quindi si doveva ricostruire su quei versanti in buona parte "rinaturalizzati". Ciò rendeva più plausibile e ragionevole valutare lo spostamento in altre zone delle infrastrutture. Inoltre il progetto adesso riproposto, da quanto è possibile apprendere, prevede una maggiore estenzione territoriale rispetto al precedente, arrivando addirittura a paventare un passaggio nei pressi dei Frati pii e di Punta Lucia, passando tra Monte Scavo e Monte Maletto, con un collegamento alla località di Piano Provenzana.
In particolare sembra che si vorrebbe creare delle navette per il trasporto degli sciatori e raggiungere la pista altomontana e da li poi prendere una cabinovia. Invito chi non conosce questi luoghi ad andare a vedere di cosa si parla. Una sciovia nei pressi di questi luoghi incantati avrebbe un impatto davvero notevole. Solo per dare una idea magari a chi qualche volta probabilmente è passato da qui in bici o a piedi, verrebbe tagliata a metà la pista altomontana dell'Etna nei pressi di uno dei passaggi ambientalmente più preservati. Questo territorio meriterebbe oggi di essere valorizzato con altre iniziative a impatto zero, proprio perché l'attrattiva principale è la sua essenza di versante naturalisticamente più selvaggio, il cui potenziale ad oggi ritengo sia stato ampiamente sottovalutato.
3) Soluzioni alternative. Lo sviluppo sostenibile. Qualcuno si chiederà, ma allora le popolazioni di questo versante non possono far turismo sul vulcano? Personalmente non credo che il turismo debba essere appannaggio dei soli due versanti che hanno avuto la "fortuna" di avere infrastrutture in quota precedentemente alla istituzione del parco dell'Etna nel 1987. Lo pensavo nel 2002 e lo penso anche oggi. Va però abbandonata questa visione di seguire lo "sviluppo" già adottato sugli altri due versanti e slegarlo dallo sci da discesa e da impianti a fune alta. Chi scrive, lavora sul vulcano sia come maestro di sci che come organizzatore di escursioni, estive ed invernali. La domanda turistica di questa seconda attività è 100 volte più alta della prima. Le amministrazioni del versante Ovest, a partire da Biancavilla, Adrano, Bronte, Maletto, Randazzo hanno territori ricchissimi di bellezze naturali, ad oggi fortunatamente ancora preservati. Hanno anche diversi punti di accesso a quote discretamente alte e anche rifugi e bivacchi. La chiave di successo sarebbe semplicemente valorizzare ciò che hanno, creando un sistema condiviso di servizi e attrattive verso la crescente domanda di turismo outdoor. Insomma il concetto è che se si vuol seguire uno sviluppo di terzo polo, che non sia legato solo allo sci, basato sul modello di Nicolosi, si è già perso in partenza, perché Nicolosi ha il vantaggio di essere molto più facilmente raggiungibile da 3 strade d'accesso a 2000 metri da Taormina e Catania. I tour operator, per il turismo di massa mordi e fuggi, quello che oggi nostro malgrado si vende di più, continuerebbero a prediligere gli spostamenti di bus e grossi gruppi su Etna Sud. Allora occorre fare analisi e investimenti intelliggenti per attrarre un turismo diverso basato sulle risorse naturali, plurigiornaliero, 365 giorni l'anno. Solo alcune idee, prendendo spunto da modelli di successo, come i national park americani che ho avuto, come molti, la fortuna di visitare. Li i visitatori vengono accolti all'interno del parco, sia in strutture ricettive che in bungalow o camper e stazionano per diversi giorni per le visite e praticare attività. Si potrebbero quindi creare dei campi base per i visitatori utilizzando i bivacchi e rifugi esistenti - oggi non gestiti o abbandonati pur essendo alcuni punti base del Parco- potenziandoli e creando dei piccoli villaggi magari fatti di pagghiari e casudde di pietra lavica. Da questi punti potrebbero quindi essere organizzate numerose attività: escursioni in trekking o in ciaspole, noleggi e gite in mountain bike, a cavallo o con muli e asinelli (come si faceva in passato) creando itinerari di turismo esperienziale sempre più richiesti. Per lo sci si potrebbero organizzare servizi con gatti delle nevi o motoslitte. Si potrebbe addirittura organizzare un tour di più giorni (oggi proposta inesistente) per ascendere ai crateri sommitali. Un sentiero che possa partire dalla zona di Monte Scavo verso Punta Lucia, dove si potrebbe creare una baita/rifugio con tecniche ecocompatibili e a basso impatto visivo ed ambientale. Da qui godere il tramonto più bello di Sicilia a 2900 metri e fare gli ultimi 400 metri di dislivello il mattino successivo per vedere l'alba dai crateri sommitali. Tutto ciò, che sono solo alcune idee, sarebbe alternativo alle attuali località. Allora si che avrebbe senso parlare di un "terzo polo sportivo e naturalistico", un investimento sensato e a impatto ambientale molto ridotto, che creerebbe occupazione e ritorno economico alle popolazioni locali.
Dario Teri
Maestro di Sci federale - Sportclub EtnaSci
Guida Naturalistica FederEscursionismo
Fondatore EtnaSci.it