Le eruzioni dello Eyjafjallajökull ed Etna a confronto
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L’Eruzione del vulcano islandese Eyjafjallajökull presenta delle analogie con l’eruzione dell’Etna del 17 luglio 2001. Ecco l'analisi, in esclusiva per EtnaSci.it, del dottor Giovanni Tringali, Direttore dell'I.R.M.A. e grande appassionato di Etna e vulcani. Il vulcano islandese in piena eruzione e con fulmini generatIn molti hanno subito le conseguenze del blocco del traffico aereo del vulcano islandese dal nome impronunciabile Eyjafjallajökull. I giornalisti si sono guardati bene dal cimentarsi nella pronuncia e semplificavano l’informazione parlando di eruzione di “vulcano islandese”. L’attività altamente esplosiva di tipo freatomagmatico è iniziata poco dopo la mezzanotte del 14 aprile 2010. L’analisi chimica del magma eruttato ha mostrato un tenore in silice del 58% in peso (Niels Oskarsson). Si tratta quindi di un magma più acido di quello dell’Etna che in media ha un contenuto in silice del 52% e quindi generalmente più esplosivo rispetto allo stile eruttivo etneo. L'Istituto di Scienze della Terra islandese ha stimato preliminarmente che i materiali eruttati nei primi tre giorni di eruzione dall’Eyjafjallajökull siano stati costituiti prevalentemente da tephra (ceneri vulcaniche) a grana fine in sospensione aerea. Le ceneri emesse possono essere suddivise in tre categorie: Tephra caduto sul ghiacciaio intorno alla bocche vulcaniche che ha raggiunto anche i 30 metri di spessore. Tephra che ha colmato la laguna glaciale di Gígjökulslón, portato dalle alluvioni lungo il ghiacciaio Gígjökull. pennacchio di tephra che è stato trasportato ad est e a sud del vulcano si aggira sull’ordine dei 100 milioni di metri cubi che ha causato l'interruzione del traffico aereo su scala europea. Altra panoramica del vulcano Eyjafjallajökull Durante le prime 72 ore di eruzione il tasso effusivo è stato stimato approssimativamente in 30 metri cubi di magma al secondo. Si tratta di una continuazione dell’attività eruttiva del sistema vulcanico dell’Eyjafjallajökull che ha avuto inizio 20 Marzo 2010. Infatti in una prima fase eruttiva dal 20 marzo al 12 aprile la lava veniva emessa da bocche eruttive sui fianchi del vulcano, al di fuori del ghiaccio di copertura. La lava eruttata nella fase iniziale è stata classificata basalto alcali-olivina, con un contenuto di silice di circa il 47% vicino a quello dei vulcani hawaiani e quindi molto più basica e meno esplosiva. Dopo una breve pausa l’attività eruttiva è ripresa in una nuova serie di crateri aperti a partire dal primo mattino del 14 aprile sotto il ghiaccio che copriva il vulcano. Questa fase eruttiva è stata preceduta da uno sciame di terremoti avvenuto dalle ore 23:00 del 13 aprile alle 1:00 del 14 aprile. Lo sciame sismico è stato seguito dalla comparsa del tremore vulcanico che ha preannunciato l’eruzione. Acqua di scioglimento ha iniziato a scendere dalla calotta di ghiaccio intorno 07:00 del 14 aprile e con le prime luci è stato possibile osservare il consistente pennacchio vulcanico. Le osservazioni visive sono state limitate dalla copertura nuvolosa che sovrastava il vulcano, ma un aereo della Guardia costiera islandese l’ha potuto fotografare con strumentazione radar. Il denso pennacchio di cenere è salito a più di 8 km di altezza, deviato verso est dai venti occidentali. Si sono avute anche Jokulhlaups (inondazioni di acqua di scioglimento del ghiaccio) che hanno raggiunto le pianure intorno al vulcano, con picco di flusso il 14 aprile intorno a mezzogiorno distruggendo strade, infrastrutture e terreni coltivati. Tuttavia non si è registrata alcuna vittima anche perché le persone presenti nell’area a rischio erano già state fatte allontanare dal teatro eruttivo. Il 15 aprile il pennacchio eruttivo ha raggiunto il continente europeo con la chiusura dello spazio aereo su gran parte degli aeroporti del Nord Europa e successivamente anche degli altri aeroporti europei. Le analisi chimiche dei campioni di cenere rivelano un elevato contenuto di fluoro che indica un magma superficiale come quello che sull’Etna ha causato l’ultima incandescenza vicino al cono del Sud-Est durata molti giorni, mentre il tenore in silice che varia dal 54 al 58% dimostra che il magma è più evoluto rispetto a quello effuso nella prima fase del 20 marzo. Tuttavia secondo alcuni vulcanologi l’ Eyjafjallajökull fa parte del più vasto sistema vulcanico del Katla le cui eruzioni sono di gran lunga più imponenti e quindi vi è da aspettarsi qualche eruzione più energica da parte di quest’ultimo. Lo stile eruttivo delle esplosioni è del tipo “freatomagmatica” a causa dell’elevato tenore di vapore acqueo che ha reso le esplosioni piuttosto violente così com’è accaduto per il cratere laghetto del 2001 (chiamato anche Montagnola 2) vicino alla stazione d’arrivo della funivia dell’Etna. La nube dell'Etna dallo spazio - 2001L’eruzione dell’Eyjafjallajökull presenta alcune analogie con l’eruzione dell’Etna iniziata il 17 luglio 2001. A mio parere infatti l’attività esplosiva, all’inizio freatomagmatica, del cratere laghetto verificatasi tra il 24 ed il 27 luglio edificò un cono alto quasi 100 metri in meno di tre giorni! Essa non si discosta quindi da quella del vulcano islandese anche se i due vulcani hanno genesi differente. Anche allora il cratere Laghetto ha emesso un imponente pennacchio che si diresse verso la Grecia, immortalato dalle foto satellitari, che ostacolò il traffico veicolare ed aereo dato che venne chiuso per parecchi giorni l’aeroporto di Catania. Disagi si sono avuti in un’area compresa in un raggio di 100 chilometri fino a Siracusa. A mio parere la chiusura degli aeroporti europei è stata eccessiva ma di fronte all’importanza della vita umana è meglio adottare il criterio della massima prudenza e quindi tutto sommato condivisibile anche se i danni economici sono stati incalcolabili. Resta sempre il fatto che non siamo adeguatamente preparati a fronteggiare simili eventi e che, a mio parere si spende troppo in attrezzature spesso ridondanti mentre potrebbe essere potenziata l’attività di monitoraggio radar delle emissioni di tephra che potrebbero essere possibili sia sull’Etna, com’è accaduto nelle eruzioni del 2001 e 2002, sia su altri vulcani. Ritengo che si debba essere pronti a fronteggiare tale evenienza considerando anche che prima o poi il Vesuvio erutterà. Ancora una volta l’attività vulcanica ci trova impreparati ed ancora una volta si pone il problema della mancanza di coordinamento tra le varie Università e gli Enti preposti alla sorveglianza ed i disagi ed i danni economici non sono mancati. Sono certo che se vi fosse stato un efficace sistema di monitoraggio delle nubi ceneritiche il numero di aeroporti che sarebbero stati chiusi poteva essere di gran lunga inferiore. Giovanni Tringali, direttore I.R.M.A. Nelle foto: in alto il vulcano islandese in alcuni spettacolari scatti di Marco Fulle (StromboliOnline) e in basso la colonna di cenere emessa dall’Etna durante l’eruzione del 2001 fotografata dal satellite (NASA).
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